"Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale ... ciascuno di noi è come una tessera di questo grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si formi l'unico volto del Cristo." Beato Giuseppe Puglisi - Palermo 15/09/1937 - 15/09/1993 Primo martire di mafia

II Domenica di Pasqua- C

Articolo scritto domenica, 11 aprile 2010

                                             Domenica II di Pasqua- C

Gv 20, 19 – 31


Cari fratelli e sorelle l’esultanza dell’essere risorti con Cristo riempia tutti i momenti della vostra vita.
Tutte le volte che mi fermo a meditare sulla pericope evangelica che abbiamo testè ascoltato mi sento il cuore agitato: da un lato provo un grande disagio, dall’altro provo tanta gratitudine e gioia.
Il disagio nasce dal fatto che ancora non sono in grado di imitare Gesù Cristo in determinate scelte; ancora non riesco ad assumere il suo stile di non tener conto degli errori di chi mi sta attorno.
Sono passati appena tre giorni da quando gli Apostoli, che tante volte avevano professata fedeltà totale, dinanzi al pericolo sono fuggiti e si sono tappati in casa temendo che anche a loro potesse accadere tutto ciò che era successo al loro Maestro.
Gesù li aveva scelti perché fossero i suoi più stretti collaboratori nel portare a tutti gli uomini l’annuncio dell’avvento del Regno di Dio. Ma… che fallimento! Da quello che ci viene raccontato dagli Evangeli soltanto Giovanni ha avuto il coraggio di seguire Gesù fino ai piedi della croce per stare accanto a Maria, la Madre di Gesù. Degli altri  Giuda lo ha tradito per 30 denari, Pietro ha negato di conoscerlo, i rimanenti  oppressi dalla paura sono fuggiti per tapparsi in casa. Per tutto quello che hanno fatto, secondo il mio metro, non meritavano più di essere considerati.
Gesù, invece, sconfitta la morte con la prodigiosa risurrezione irrompe nuovamente nella loro vita! Mentre loro se ne stanno asserragliati in casa tenendo le porte ben chiuse, la sera dello stesso giorno della risurrezione Gesù si presenta a loro.
L’amore di Gesù per gli apostoli supera ogni ostacolo, anche la porta chiusa. Perché Gesù non ha bussato per farsi aprire? Probabilmente per far capire a loro che il suo corpo risuscitato è già spiritualizzato; non ci sarà stata anche una finezza di amore? Chissà che non abbia voluto evitare a loro un altro momento di paura col bussare alla porta?!
Cerco di immaginare lo sbigottimento degli apostoli. E’ vero che Maria Maddalena aveva annunciato loro di aver visto il Signore, ma  loro ancora non lo avevano visto.
L’evangelista Giovanni dice che “ i discepoli gioirono al vedere il Signore”, mentre Luca afferma che furono spaventati perché credevano di vedere un fantasma.
In ambedue i racconti, dopo la comprensibile sorpresa si fa largo la gioia per la straordinaria conferma di ciò che era stato annunciato da Maria, ma alla quale stentavano a credere perché la consideravano una visionaria.
Nonostante tutto, Gesù continua a scommettere sugli stessi apostoli; essi si sono lasciati vincere dalla paura e dalla sfiducia ed hanno completamente dimenticato ciò che Gesù aveva predetto, che ,cioè, sarebbe stato preso, giudicato e condannato alla morte di croce, ma che dopo tre giorni sarebbe risuscitato.
Gesù entra a porte chiuse e rivolge loro il saluto tipico del buon ebreo: shalom, la pace sia con voi. Essi meritavano di essere presi a calci nel sedere, invece Gesù ricco di misericordia augura a loro la pace. Gesù vuole portare a termine la missione affidatagli dal Padre: che tutti gli uomini di tutti i tempi possano riacquistare la dignità di figli di Dio e raggiungere la salvezza. Per continuare nei secoli questa azione salvifica Gesù ha dovuto cercare la collaborazione di persone umane che si mostrassero disponibili. Nonostante abbia avuto modo di constatare  tutte le debolezze e le  incoerenze degli apostoli Gesù promette  loro il dono dello Spirito Santo: grazie a questo dono potranno avere forza e coraggio per essere fedeli trasmettitori del messaggio e dell’azione salvifica; essi devono essere umili ma preziosi strumenti della misericordia del Padre: “ a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati; a coloro a cui non li perdonerete non saranno perdonati”. Gli undici, dopo tutte le infedeltà  che avevano fatto meritavano di ricevere questa missione così importante? Se avessimo dovuto decidere noi certamente saremmo stati per il no. Gesù va oltre, molto oltre il parere dei ‘bempensanti’. E’ la costante dell’agire di Dio.
Ed ora, cari ascoltatori, volendo portare alla vita attuale questo messaggio evangelico permettetemi di esternare i miei sentimenti ed i motivi del mio essere in costante crisi interiore quando mi sento personalmente coinvolto in questa missione salvifica. Anch’io quotidianamente vivo l’esperienza delle mie personali debolezze, mentre so con certezza che Gesù Cristo ha voluto affidarmi il nel compito di essere trasmettitore del messaggio evangelico e dispensatore dei Sacri Misteri.
Ogni giorno con la mente e con il cuore ricolmo di profonda gratitudine a Dio ritorno a quella sera del 4 Aprile 1971: per la mani impostemi dal Vescovo consacrante e per il Sacro Crisma, segno visibile del dono dello Spirito Santo, venivano unte le mie mani. A differenza degli Apostoli che nella sera della risurrezione di Gesù ricevevano la promessa dello Spirito Santo, nel giorno della mia ordinazione sacerdotale mediante l’ imposizione delle mani e l’unzione crismale io ho ricevuto lo Spirito santo. Grazie a tale dono ho ricevuto il Sacramento dell’Ordine sacro che mi abilita a compiere, nel nome e nella persona di Gesù Cristo, che è il vero ed unico Sacerdote, alcune mansioni particolari:


  1. mi abilita a presiedere la Celebrazione Eucaristica durante la quale mi viene affidato il compito di annunciare la Parola di Dio facendone percepire l’importanza e l’estrema attualità per la nostra vita, e di imporre le mani invocando lo Spirito Santo sul pane e sul vino perché diventino il Corpo ed il Sangue di Gesù perché siano cibo e bevanda per tutti i fedeli .
  2. mi abilita ad essere, nella mia pochezza e debolezza umana e spirituale, strumento della misericordia di Dio per tutti coloro che, sinceramente pentiti dei propri peccati, desiderano di riconciliarsi con il Padre. Non sono io a perdonare, perché soltanto Dio può rimettere i peccati. Sono bensì un povero strumento di cui Gesù vuole servirsi  perché ancora oggi gli esseri umani tocchino con mano l’infinita misericordia del Padre.
  3. mi abilita ad essere esempio, strumento ed occasione per la crescita dei fedeli che mi sono affidati nella attuazione del comandamento dell’amore espresso in azioni di solidarietà e condivisione.
Questi i compiti affidatimi dal Signore. Ma quando, alla fine della giornata, faccio passare come un film tutto ciò che ho compiuto, allora subentra la crisi di coscienza. Metto su un piatto della bilancia le mie personali debolezze, i miei peccati, le mie incoerenze, le mie paure, il mio orgoglio, il mio egoismo, sull’altro piatto tutto ciò che Dio ha operato servendosi di me. Sul senso di prostrazione per la propria inadeguatezza  trionfa il profondo senso di gratitudine a Dio perché nonostante tutto Lui continua ad operare per salvare gli esseri umani. In tutto ciò per me può esserci un rischio: trovarmi un fantastico alibi per rimanere fermo ed accettare ‘pacificamente’ il mio essere peccatore e limitato. Per superare questa facile e comoda acquiescenza devo entrare in uno stato di perenne conversione. Solo così potrò crescere spiritualmente e così sarò sempre più e sempre meglio segno e portatore dell’amore misericordioso di Dio.
Da me presbitero, a ragione pretendete l’esemplarità, la coerenza tra ciò che annuncio con la parola e la mia vita concreta. Ma vi scongiuro di non lasciarvi frenare nel cammino di vita cristiana dai miei limiti umani e dalle mie più o meno palesi incoerenze. Non interrompete l’intensità di dialogo d’amore con Gesù Cristo a causa delle inadempienze ed incoerenze dei Presbiteri. Fate in modiche si compia in voi ciò che l’Apostolo Giovanni scriveva ai cristiani del tempo: “ Questi ‘segni’ sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo abbiate la vita nel suo nome”. E’ Gesù Cristo il nostro unico Salvatore. La salvezza, la Grazia, non ci arriva perché questa o quell’altra persona che Dio ha scelto come strumento vive santamente, ma perché Gesù è morto ed è risorto.
Certo, la santità di vita di ognuno di noi favorisce e fa crescere la santità di tutta la Comunità dei credenti, ma è Gesù Cristo che mediante l’azione dello Spirito Santo ci salva.
Nel concludere esprimo la mia più sincera gratitudine a tutti coloro che con la preghiera e con la correzione fraterna mi aiutano a correggermi dei miei errori e, quindi, mi offrono una preziosa opportunità perché io possa  vivere con sempre maggiore fedeltà la missione che il Signore mi ha affidato.
Vorrei concludere innalzando al Signore una preghiera che ho trovato in internet, facendomi anche vostro portavoce.

Signore dal Cuore dolce e umile,
Degnati di formare in noi un cuore di povero, che sente profondamente la propria miseria e mette tutte le sue spe­ranze in Dio;
Un cuore puro, interamente distaccato dai beni di que­sto mondo e liberato dalle ambizioni terrene;
Un cuore umile veramente felice d'essere ignorato, la­sciato nell'ombra, e anche d'essere maltrattato e disprezza­to;
Un cuore dolce, che diffonde la soavità e l'incanto del tuo amore;
Un cuore aperto, accogliente, pieno di comprensione per le pene degli altri;
Un cuore benevolo, che sia il messaggero della tua bontà e della tua pace;
Un cuore semplice e allegro, che conservi la sua gioia anche nell'esperienza della propria miseria perché ha fiducia nel tuo amore onnipotente;
Un cuore silenzioso, che sappia tacere il male e che per­doni e dimentichi ogni offesa;
Un cuore generoso, che non rifiuti mai di servire e di sa­crificarsi per gli altri;
Un cuore sacrificato, capace di offrire in segreto, ma con entusiasmo, le sue prove per la salvezza delle anime!

Don Baldassare Meli

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